Tutto il territorio intorno alla città di Amantea è ricco di menzioni storiche e letterarie, in libri anche molto antichi. Prendete come esempio, citiamo un libro su tutti, l’Odissea. Da quelle pagine mitiche esce fuori il nome Témesa e a questa località verrà, successivamente, agganciata la struggente e bella storia di Polites, il compagno di Ulisse che proprio sui lidi temesani trovò la morte. Quel Polites “alticcio”, violentatore di una ragazza temesana, punito con un linciaggio dalla gente del posto e lasciato cadavere in spiaggia. Il fantasma (demone) di Polites, denominato Alybas, avrebbe poi iniziato a perseguitare Témesa con la sua presenza inquietante. Per calmare tale adirato spirito, ecco che i temesani dovettero inventarsi un tributo da pagare, che su alcuni libri addirittura trattasi di sacrificio in carne e ossa di fanciulla offerta al demone. La storia ha un seguito (ve ne sono più versioni), ovvero la liberazione di Témesa ad opera di Euthymos da Locri, glorioso pugile e condottiero che è stato un vero personaggio dell’epopea magnogreca. Euthymos campione olimpico, semidio, liberatore di Témesa. Tutto ciò, ad ogni modo, rimane sui libri che mescolano letteratura, archeologia, storia, leggenda e antropologia. Quel che possiamo dire con certezza è che tutta l’area intorno alla foce del Savuto fu zona altamente strategica. Dal Savuto, che è dirimpetto alle Eolie, proseguendo verso est lungo il letto del fiume, si raggiunge Cosenza e poi molto facilmente la Valle del Crati e quella di Sibari. Di certo era una traiettoria ovest-est e viceversa molto ambita. Era una trafficatissima linea di traffici commerciali, ai tempi dei Greci e poi ancora ai tempi dei Romani.
Nel Medioevo dobbiamo considerare la zona di Amantea altresì come terra di confine tra un dominio bizantino a sud e uno longobardo a nord. Qui, a fasi alterne, verranno a sbarcare corsari islamici – ricordiamo che Amantea fu base governativa di emiri di lingua araba, forse del nord Africa. Fino all’avvento dei Normanni e degli Svevi, che dal 1100 in poi procederanno all’incastellamento del territorio. Tutti i castelli, diroccati e fruibili, provengono dal periodo di grande fermento militaresco iniziato dalla famiglia degli Altavilla, i primi leader normanni.
Alle soglie dell’evo moderna e poi, dopo, in età rinascimentale e secoli successivi, il nome di Amantea approderà su tanti testi e nelle corti e nei discorsi di vari regnanti. Come più volte è stato ricordato, in convegni e libri, erano molto noti nel regno di Napoli i barili di Amantea come unità di misura nel commercio di pesce (alici) sotto sale.
La storia ha uno stop tragico il 1807. La guerra voluta dai Francesi portò distruzione e sconforto. Molte architetture crolleranno sotto il fuoco nemico, compresi alcuni castelli. I borghi, feriti dalla polvere da sparo, subiranno modifiche urbanistiche. Ad Amantea, nell’800, dal centro storico cominciò una migrazione verso il quartiere basso, l’attuale “Taverna” (via Margherita e dintorni).
Il gruppo di Comuni limitrofi ad Amantea è composto da piccoli centri che conservano meraviglie e uno spirito di borgo antico dal fascino insuperabile.
Partendo da sud-est, al di qua del Savuto, spicca il dinamico territorio aiellese.
Dal ‘400 in poi il feudo di Aiello Calabro è stato uno dei più importanti dell’intera storia calabrese. Qui la famiglia Cybo-Malaspina ha eretto dei monumenti ancora oggi molto preziosi. Parliamo dell’imponente palazzo gentilizio, in una delle piazze più scenografiche della regione. Da non perdere anche la Cappella di famiglia (1597) all’interno del Convento dei Frati Minori Osservanti, dedicata a Nostra Signora della Grazia. È un grande capolavoro della Maniera toscana in Calabria.
Per progettare il sacro monumento vennero ad Aiello gli architetti toscani Andrea Cioli e Francesco Matini. Dalla vicina Messina fu chiamato lo scalpellino Pietro Barbalonga, anch’egli molto prolifico in Calabria. Le sue mani sapevano ben modellare l’arenaria bianca locale. (Approfondisci)
Ancora più a sud, il paese di Cleto è il luogo più entusiasmante per fare un bel trekking alla scoperta del paesaggio. In una manciata di chilometri si scoprono le vestigia di due significativi castelli: uno a Cleto, sulla sommità del borgo, l’altro nella frazione vicina di Savuto, una roccaforte a guardia dell’omonimo fiume.
A Cleto e a Savuto ci si immerge nella sapiente cultura dell’olio di oliva autoctono, essendo questo statisticamente il territorio con più alberi di ulivo, numero record se proporzionato alla superficie coltivata.
Camminando per le strette vie dell’antica Petramala sembra di rivivere l’atmosfera da sogno tra il Medioevo e l’inizio dell’Età Moderna. (Approfondisci)
A Serra d’Aiello consigliamo di fare un’attenta visita guidata del museo dedicato alla ricerca e alla scoperta di Témesa, per poi visitare l’interessante parco archeologico di Cozzo Piano Grande. Ogni angolo del paesaggio, ogni pezzettino delle terre comprese tra la sponda nord del Savuto e il fiume Oliva, ci parla della storia temesana. È bello esplorare il comune attraverso lunghe camminate al tramonto, specialmente in estate. (Approfondisci)
Il paese di Lago è bello tutto l’anno. Fa da cerniera tra Amantea e le prime alture, quelle più importanti, che si imbiancano quando arriva il vero inverno. A Lago esistono tradizioni canore e letterarie studiate dalle università, ad esempio la ‘strina’ cantata in tempo natalizio. Tale tipo di musica popolare esula dal normale rapporto cantante/pubblico offerente perché la strina laghitana a volte diventa un pezzo di satira, di denuncia, di sfottò. Non sono semplici note e rime, ma curiosi componimenti con contenuti irriverenti. A Lago si tiene un vero e proprio festival della strina, in cui a suon di chitarra battente si racconta sostanzialmente la realtà sociale del luogo. Molte cose vengono messe in musica, dai rapporti di vicinato fino alle polemiche politiche.
A Lago c’è uno dei presepi monumentali più belli, nella Chiesa di San Giuseppe, edificio forse del ‘500, più volte restaurato. Tra i restauri più importanti c’è quello fatto sotto la supervisione artistica del Barone Pasquale Mazzotti, coadiuvato a fine ‘800 dagli artigiani fratelli Stancati. La Chiesa venne ampliata, ripensata ed abbellita con stucchi e colonne in stile neoclassico. La Chiesa più misteriosa e intrigante è però quella dell’Annunziata. Fu costruita con protagonista sempre il già citato sig. Pasquale Mazzotti (1821- 1885), che fu pregevole artista della scuola morelliana. Il Mazzotti era solito dipingere per diletto e abbellire sia i suoi palazzi che le chiese di Lago. Per la costruzione della Chiesa dell’Annunziata l’artista si ispirò ad una cappella della Cattedrale di Notre Dame di Parigi. Si possono apprezzare gli stucchi e gli affreschi dovuti all’inventiva del Mazzotti. Per ottenere gli stucchi si avvaleva direttamente della macina dei suoi mulini, dove lavorava la pietra locale nera e bianca ottenendone uno stucco marmoreo lucido molto particolare. (Approfondisci)
Proseguendo per contrade interne, oppure anche per la SS 18, si arriva a Belmonte Calabro, che dal lato del mare ha come simbolo protettivo un monumento funebre eretto a memoria di Michele Bianchi, che qui nacque. Fu protagonista attivissimo dell’irruzione, sulla scena della Storia, del Fascismo, nonché collaboratore stretto di Mussolini. Belmonte fu anche nel ’500 il feudo di Galeazzo di Tarsia, noto per le sue prepotenze e per le sue doti di poeta. Il contestatissimo signore di Belmonte fu apprezzato come autore di versi richiamanti lo stile del Petrarca. Belmonte può vantare dei vicoli (“vichi”) bellissimi e condivide con Amantea i due straordinari scogli di Isca. Ex oasi WWF, oggi parco regionale che custodisce una fauna e una flora ittica mete per tanti subacquei. (Approfondisci)
A nord di Belmonte si trova il Comune di Longobardi, che già dal nome rimanda ad antiche frequentazioni di eserciti del Nord. È il paese di San Nicola Saggio. Figura acclamata, facente parte dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, vissuto tra ‘600 e primi del ‘700. A Longobardi vi sono maestosi palazzi nobiliari. Negli ultimi anni il dibattito pubblico ha come protagonista un’eccellenza agricola coltivata a queste latitudini: la Melanzana Violetta. (Approfondisci)
Ad ergersi dietro le colline longobardesi è Monte Cocuzzo (1541 metri e una forma scambiata per un vulcano). Il monte sovrasta lo skyline della Catena Costiera ed è il riferimento di diversi paesi, tra cui il bel centro storico di Fiumefreddo Bruzio. Tra le acque copiose del Fiume di Mare si può risalire fino alla vallata che ospita l’edificio dell’ex abbazia di Fonte Laurato, architettura di ispirazione cistercense poi donata a Gioacchino da Fiore, il più grande teologo calabrese del Medioevo.
L’immaginario fiumefreddese è stato plasmato da un pittore-scultore poliedrico, un genio folle del ‘900: il siciliano Salvatore Fiume. Conosciuto in tutto il mondo, iniziatore di nuove tendenze artistiche, si trovò per caso a visitare Fiumefreddo nella metà degli anni ’70. Si innamorò del posto e ne volle stravolgere alcune location, lasciando la sua testimonianza estrosa e colorata. Affrescò le pareti del castello, poi l’interno cupola della Chiesa di San Rocco. Opere oggi ritenute assoluti capolavori. Amava raccontare la storia calabrese attraverso l’arte. Eccessivo e provocatore, si cimentò anche con la prova dell’esposizione di nudi scultorei che crearono un po’ di scalpore. Andate a vedere La donna sul surf in Largo Torretta, è a tutt’oggi una delle opere più note di Fiume in Calabria. (Approfondisci)
Paola, città di San Francesco (Approfondisci)