Fiumefreddo Bruzio

Nel nome del paese stanno insieme la geografia e la storia del posto. Quel Fiume di Mare (così il nome dell’ultimo tratto che sfocia nel Tirreno) sgorga da sorgenti che in autunno, inverno e primavera fanno segnare temperature di alta montagna, quindi il flusso di acque freddissime inonda tutta la vallata dominata da monte Cocuzzo. Siamo nel Bruzio frequentato dalle tribù dei Brettii nel terzo secolo avanti Cristo, e siamo altresì nella regione del Brutium romano molto vicina al capoluogo Cosenza.

C’è un pezzo, della stretta vallata che si ammira dal borgo di Fiumefreddo Bruzio, che nella toponomastica popolare risponde al nome di Cent’Acque. Appellativo significativo, che riflette la meraviglia di chi ha potuto camminare in quei luoghi e sentirsi circondato da innumerevoli piccole fonti di acqua purissima. Alle pendici dell’affascinante monte Barbaro (un corpaccione di roccia che arriva a 858 mt sul livello del mare), a sua volta ridimensionato dai 1541 di monte Cocuzzo che sta più dietro, la vallata è un tripudio di oasi naturali.
Un buon camminatore, amante della natura incontaminata, deve mettere in agenda l’ascesa verso Cocuzzo (si può lasciare auto, moto o bici presso casellone ex Forestali raggiungibile percorrendo SP 45, deviando a un certo punto per SP 60, seguendo indicazione Monte Cocuzzo, è un itinerario alla portata di tutti). In cima, se avete beccato una giornata di cielo terso e di orizzonte sgombro da nubi, potrete contemplare ad ovest lo splendido scenario tirrenico col vulcano Stromboli fumante, le isole Eolie, e addirittura la sagoma dell’Etna che giganteggia tra Sicilia e Calabria. Voltandosi, verso nord-est, si noteranno le luci del capoluogo di provincia, Cosenza, che inaugura la valle del fiume Crati.
Il nostro suggerimento è un’ascesa mattutina in montagna, e poi una ridiscesa a valle entro pranzo (seguire indicazioni per contrada Badìa e guidare con cautela perché la carreggiata è stretta) per vedere da vicino un’architettura medievale di rara bellezza: l’ex abbazia di Fonte Laurato, visitabile su richiesta fatta con qualche giorno d’anticipo al proprietario (è preferibile contattare Assessorato al Turismo del Comune, che è in grado di fornire numeri di telefono). Quei muri, quegli archi nell’unica navata e quelle finestre resistono lì, pensate, da fine XII secolo. Da quando i frati dell’ordine florense, guidati da Gioacchino Da Fiore, ne presero il possesso in accordo col feudatario di vecchia nomina normanna. Nei decenni precedenti erano stati i Cistercensi a imprimere la loro traccia architettonica ed ingegneristica sull’edificio. Qui, in contrada Badìa, è grande festa popolare ogni Ferragosto, giorno dedicato all’Assunzione di Maria.
Dopo una mattinata di escursione naturalistica, si torna a visioni marittime. Fiumefreddo Bruzio è un centro storico capace di regalare ai turisti le migliori vedute panoramiche sul mar Tirreno. L’affaccio più intrigante è su largo Torretta, un vero e proprio balcone mozzafiato da cui ammirare il golfo lametino a sud, e qualche scorcio del golfo di Policastro a nord. Ma anche dal vecchio castello, o da largo Rupe, si apprezza la pur esigua striscia di spiaggia, meta abbastanza rinomata di turismo balneare.
Nel borgo, passeggiando tra i vicoli, le chiese e il vecchio castello appartenuto alla famiglia spagnola Alarcon Mendoza (tra ‘500 e ‘800), è inevitabile l’incontro con la testimonianza artistica, di pittore e di scultore, del genio novecentesco che risponde al nome di Salvatore Fiume. Siciliano, acclamato da storici dell’arte, mecenati e direttori di mostre d’arte contemporanea in tutto il pianeta, egli s’innamorò di Fiumefreddo Bruzio per puro caso, scoprendola poco per volta in un’estate dei primi anni ’70. Decise di farne la sua residenza artistica temporanea. Qui si fermava per riposare dopo le fatiche artistiche nel suo laboratorio lombardo e dopo aver girato per i grandi musei del mondo, e proprio qui a Fiumefreddo sperimentava, creava, dava sfogo a pulsioni che ci raccontano di un Fiume gran manipolatore di colori, forme, soggetti. Affrescò molte pareti del castello decrepito, ancora oggi si conservano alcune scene (da lui riprese nel ’96) che mescolano colori sgargianti a storie sul medioevo calabrese, come le invasioni arabe venute dal mare. L’idea di affrescare l’interno della cupola della chiesetta di san Rocco fu una cosa strabiliante, lì il turista può ammirare in una sorta di storyboard circolare l’omaggio al santo francese, che miracolosamente allontana la peste dall’Italia.
Consigliamo di partire con la visita del castello (è sempre utilissimo contattare per tempo Assessorato al Turismo), passare poi dalla chiesa madre all’ingresso del paese, dirigersi quindi verso la chiesetta di San Rocco, un salto nell’adiacente largo Rupe e infine concludere il giro su largo Torretta. Ma non andate via da Fiumefreddo senza aver assaggiato la pietanza tipica più chiacchierata: la frittata di patate fatta senza uova. Prodigio delle cuoche fiumefreddesi, che selezionano con cura le materie prime abbondanti che la terra calabra offre, portando in tavola un’eccellenza gastronomica non riproducibile da altre parti.

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