Cleto

Guardando Cleto da lontano, avvicinandoci al centro medievale abitato ancora da poche persone, ci si rende conto della filosofia urbanistica alla base dei criteri costruttivi: sfruttare ciascun lembo di parete di roccia per “appoggiarvi” una…. casa! La Cleto medievale è stata plasmata appoggiando pietre e mattoni sulla roccia.
Roccia che naturalmente è, per lo più, in pendenza. A Cleto si sale e si scende. La gran parte delle stradine del borgo si fanno solo a piedi. Gli occhi del visitatore, sbirciando pur negli interni, si meravigliano di come quasi tutto, dell’antico abitato, sia attaccato alla roccia.

La dura pietra locale potrebbe aver fatto sorgere il toponimo Petramala/Pietramala, a sua volta divenuto cognome della famiglia dominante nel 1200. In quel secolo troviamo negli archivi un Guidone, un Jacobo e un Goffredo di Pietramala.
La pietra dura è però un’arenaria che si presta bene a essere scolpita. Nel centro storico cletese si possono ammirare notevoli “buche” – ovvero cisterne, silos utili per raccogliere e conservare acqua e grano. Alcuni di questi grossi spazi contenitori sono stati poi inglobati in abitazioni e riadattati in tempi più recenti a luoghi freschi per deposito alimenti. Vi invitiamo a notare le grandi fosse all’interno del vecchio castello.

Cleto è uno di quegli ultimi borghi della provincia cosentina lato Tirreno – prima del “confine” tracciato dal fiume Savuto. Una strada, la Provinciale 163, si stacca da quella costiera della SS 18 nei pressi di Campora San Giovanni, per poi imboccare un’altra SP, la numero 54, e attraversare una splendida vallata, rigogliosissima, dove la vista del viaggiatore è rapita da qualcosa come centocinquantamila ulivi (s’intende tutta l’area che comprende anche le frazioni Savuto e Marina di Savuto). L’olio d’oliva è la star gastronomica locale, vi sono produzioni eccellenti, forse le più apprezzate di Calabria.

Il nome in origine, dicevamo, fu Pietramala. Prima del 1200 la terra risultava tra i possedimenti dell’abbazia florense di Fontelaurato, che è nel territorio di Fiumefreddo Bruzio.
Dopo l’allontanamento di Goffredo di Pietramala, vi furono diversi feudatari ad alternarsi (Sersale, Siscar, Cybo, d’Aquino e altri), i più importanti dei quali sono stati gli ultimi in ordine cronologico, che qui stettero per quasi tutto il ‘600 e per tutto il ‘700: i membri della famiglia Giannuzzi Savelli (originari di Aiello e di Cosenza). Durante il decennio di occupazione napoleonica, nei primi dell’800, i Giannuzzi Savelli si trasferirono a Gragnano, nel napoletano.
Il nome Cleto viene invece da una curiosa leggenda. Cleta era la nutrice di Pentasilea, regina delle Amazzoni. Quando Pentasilea perì a Troia per mano di Achille, Cleta viaggiò verso l’Asia Minore per andare a recuperarne il corpo. Una tempesta in mare la spinse sulle coste calabre, alla foce del fiume Savuto, e presso quei lidi fondò un regno cui diede il suo nome. In seguito, assediata dalla potenza militare di Crotone, Cleta prima di arrendersi espresse il desiderio di assegnare in perpetuo il nome Cleta a tutte le future regine di quella terra.

Possiamo definirlo ‘il territorio dei due castelli’. Un castello medievale sta sulla sommità di Cleto (360 metri s.l.m.). Poi c’è un altro maniero (recuperato con un bel progetto) che è il castello sito nella frazione Savuto. Savuto è il borghetto che si “affaccia” sul fiume da cui prende il nome, località che ricade sempre nel territorio comunale cletese.

Entrambi gli edifici fortificati hanno svolto sia una funzione militare che residenziale.
Savuto si staccò da Cleto, per quanto concerne l’amministrazione feudale, nel 1555, passando alla famiglia Arnone, poi ai baroni d’Aquino e infine alla famiglia Le Piane prima della dissoluzione dello stato feudale. Cleto fu creato come comune indipendente nel 1934.

Una menzione particolare la merita l’evento culturale del Cleto Festival, che negli anni si è affermato quale uno degli appuntamenti clou dell’estate (ad agosto) sulla costa tirrenica, ospitando musica, gastronomia e interessantissimi dibattiti sul futuro dei borghi, dell’economia green, del turismo ecc.

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